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 VORREI SAPERE PERCHÉ. UNA MOSTRA SU ETTORE SOTTSASS


«Io penso ad una mostra piccola ma molto emozionante; mi piacerebbe che uscissero piangendo, cioè con un'emozione». Così Ettore Sottsass ha dato il via alla mostra italiana in onore dei suoi novanta anni e che purtroppo – non solo per il mondo del design, dell'architettura e dell'arte perché la sua maestria era a 360 gradi –, si è rivelata anche essere l'ultima della sua vita.

«Vorrei che [questa mostra] fosse solamente solitudine e intensità» fu la richiesta del Maestro e il titolo della mostra riconduce a una delle riflessioni che Sottsass ha scritto a proposito dei templi indiani ed è una frase che può, in qualche modo, esemplificare il suo approccio alle cose: «Senza che io sappia cosa sono, le forme di pietra hanno il senso del sacro, sacro per sempre. Vorrei sapere perché». E proprio quest'ultima parte di frase è stata scelta per dare nome e taglio alla grande esposizione triestina.

Alessio Bozzer, Beatrice Mascellani e Marco Minuz – che per conto dell'Associazione Culturale Terredarte con la collaborazione del Comune di Trieste Assessorato alla Cultura e la Fondazione Cassa di Risparmio di Trieste –, hanno ideato e curato l'esposizione, cercando di trasformare in realtà la sua istanza.
Le molte esperienze di Sottsass vengono qui indagate sul filo di una essenziale raccolta di opere disposte in sette aree tematiche: disegno industriale, architettura, fotografia, gioiello, disegno, ceramica ed infine vetro, le cosiddette delicatessen, come Gillo Dorfles le ha definite dopo aver visionato il progetto.
Ogni "isola" ha racchiuso al suo interno un "tempio", un luogo segreto dove si è potuto scoprire gli oggetti, i disegni, le foto e i numerosi scritti dell'artista, testimonianza del personale lavoro di trascrizione delle sue intuizioni e ricerche.
Il visitatore è stato così lasciato libero di costruirsi il proprio percorso, proprio per evitare gerarchie e classificazioni fra le esperienze esposte, stimolandolo a scoprire come sia la medesima sostanza e progettualità ad animare ogni creazione del maestro.
A connettere le sette "isole" fra loro è stata poi la voce dello stesso Sottsass; mirata all'avvicinare il più possibile il visitatore all'esperienza più intima del maestro, quella che combacia con il suo lavoro e con le sue emozioni.

Questa mostra ha voluto pertanto affrontare la lettura della produzione artistica e intellettuale di Sottsass in maniera assolutamente nuova, abbandonando un approccio descrittivo e antologico per affrontare la sua produzione in una maniera più diretta e profonda, ponendo maggior attenzione agli stati intellettuali alla base della «ricerca di un oggetto o di una realizzazione».
Di conseguenza la mostra è un racconto, una narrazione di una vita straordinaria che è riuscita a regalare preziose testimonianze del suo scorrere e che, grazie alla presenza di Ettore Sottsass in persona nelle fasi progettuali ha permesso di rispettare le sue teorie. Le oltre 130 opere selezionate, tra cui ricordiamo la storica libreria Carlton, gli studi architettonici – Modello architettura e Architettura – i numerosi oggetti – Porcellana e Mobile –, provenienti tutte da collezioni private italiane ed europee (alcuni pezzi sono esposti per la prima volta al pubblico), si sono sviluppate infatti, come frammenti atti a ricostruire quella grande magia dell'opera che anima tutta la produzione di questo architetto/artista e non secondo un più classico percorso cronologico.

La sede della mostra, la città di Trieste, aggiunge un ulteriore elemento di fascino al progetto: Trieste è una città sicuramente lontana da Milano, capitale del design e della progettazione, ma contemporaneamente è un luogo in grado di descrivere e incarnare, come lo stesso Ettore Sottsass ha evidenziato in riferimento alla sua vita, una duplice identità, ovvero quella italiana e austriaca. Contemporaneamente è la città in cui ha vissuto il pittore Luigi Spazzapan, colui che negli anni trenta a Torino, ha insegnato al Maestro a dipingere e a cui è rimasto sempre profondamente legato. Infine è una città realmente in grado di dialogare a livello internazionale con realtà come l'Austria, la Slovenia e la Croazia.

Vorrei sapere perché. Una mostra su Ettore Sottsass, allestita da Beatrice Mascellani con la collaborazione di Chiara La monarca, completa così il ciclo di grandi mostre che sono state dedicate negli ultimi anni al Maestro: al MART di Rovereto, al Museo di Capodimonte di Napoli, al MOCA Museo d'Arte Contemporanea di Los Angeles e al Design Museum di Londra.

Riportiamo inoltre – in segno di saluto e rispetto, ma soprattutto perché le sue parole devono continuare a essere conosciute e ricordate –, un suo pensiero sul design e la vita:

«Per me, il design è un modo di discutere la vita. È un modo di discutere la società, la politica, l'erotismo, il cibo e persino il design. Infine, è un modo di costruire, una possibile utopia figurativa o di costruire una metafora della vita. Certo, per me il design non è limitato dalla necessità di dare più o meno forma a uno stupido prodotto destinato a un'industria più o meno sofisticata; per cui, se devi insegnare qualcosa sul design, devi insegnare prima di tutto qualcosa sulla vita e devi insistere anche spiegando che la tecnologia è una delle metafore della vita».


Ettore Sottsass
Nasce a Innsbruck nel 1917. Si laurea in architettura al Politecnico di Torino nel 1939. Nel 1947 apre a Milano uno studio professionale dove si occupa di progetti di architettura e di design. In parallelo con la sua produzione progettuale sviluppa la sua attività culturale. Ettore Sottsass partecipa a diverse edizioni della Triennale di Milano, espone in mostre collettive e personali in Italia e all'estero. Nel 1948 entra nel gruppo del MAC (Movimento di Arte Concreta) e partecipa alla prima collettiva di Milano. Nello stesso anno promuove a Roma la mostra dedicata all'Arte astratta in Italia. Successivamente aderisce allo Spazialismo.
Nel 1957 diventa art director di Poltronova, chiamato dall'imprenditore Sergio Cammilli. Nel 1958 inizia la sua collaborazione con Olivetti come consulente per il design, collaborazione che durerà per oltre trent' anni e che gli frutterà tre Compassi d'Oro per il design. Ha disegnato tra l'altro, nel 1959, il primo calcolatore elettronico italiano, e in seguito varie periferiche e macchine per scrivere elettriche e portatili come Praxis 48, Tekne, e Valentine.
Nel 1972 partecipa alla mostra Italy: the new domestic landscape al MOMA di New York. Intanto tiene un giro di conferenze nelle università inglesi, nel 1976 gli é stata conferita la laurea honoris causa dal Royal College of Art di Londra.
Nel 1981 ha dato inizio, assieme a Hans Hollein, Arata Isozaki, Andrea Branzi, Michele de Lucchi ed altri architetti di livello internazionale, al gruppo Memphis, che è diventato in breve il simbolo del 'nuovo design' e un riferimento per le avanguardie contemporanee. Un anno dopo ha fondato lo studio Sottsass Associati con il quale prosegue la sua attività di architetto e designer.
Gli sono state dedicate numerose mostre personali e sue opere fanno parte delle collezioni permanenti di importanti musei di vari paesi, come: Museum of Modern Art di New York, Metropolitan Museum di New York, Centre Georges Pompidou di Parigi, Musée des Arts Décoratifs di Parigi, Victoria & Albert Museum di Londra, Musée des Arts Décoratifs di Montreal, Israel Museum di Gerusalemme, National Museum di Stoccolma.
Ettore Sottsass muore il 31 dicembre 2007 nella sua abitazione milanese per uno scompenso cardiaco avvenuto durante un'influenza all'età di novanta anni.


Vorrei sapere perché. Una mostra su Ettore Sottsass
Trieste, Salone degli Incanti dell'ex Pescheria
6 dicembre 2007 / 2 marzo 2008
a cura di: 
Federica Capoduri 
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