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 60. BIENNALE DI VENEZIA - STRANIERI OVUNQUE - FOREIGNERS EVERYWHERE
 Esposizione Internazionale d'Arte 2024


a cura di Gabriella Masiello

La 60. Esposizione Internazionale d'Arte, curata da Adriano Pedrosa, si intitola Stranieri Ovunque - Foreigners Everywhere. Il titolo è tratto da una serie di lavori realizzati a partire dal 2004 dal collettivo Claire Fontaine, nato a Parigi e con sede a Palermo. Le opere consistono in sculture al neon di vari colori che riportano in diverse lingue le parole "Stranieri Ovunque". L'espressione è stata a sua volta presa dal nome di un omonimo collettivo torinese che nei primi anni Duemila combatteva il razzismo e la xenofobia in Italia.

La scritta luminosa ci accoglie all'ingresso dell'Arsenale e del Padiglione Centrale, mentre declinata in 53 lingue, occidentali e non, tra cui diversi idiomi indigeni, alcuni dei quali di fatto estinti, si ripropone in sospensione riflettendosi nelle tenebrose acque delle sempre affascinanti Gaggiandre.

Una babele di tradizioni, traduzioni e tradimenti fanno dello straniero, dell'estraneo perturbante qualcosa che ci appare dall'esterno ma che al tempo stesso ci appartiene interiormente. Chiunque si metta in viaggio anche solo metaforicamente si trasforma in straniero tanto più se venendo dal Sud del mondo si dirige verso Nord. Gli artisti stessi sono per loro natura stranieri con le loro visionarietà, spaesamenti, fragilità.

Questa Biennale 2024, nelle intenzioni del curatore, intende dare voce a numerosi artisti mai rappresentati in precedenza, indigeni, queer, non binari, migranti, autodidatti o portatori di narrazioni a noi ignote. Leggendo le biografie delle artiste e degli artisti si trovano storie di vite da romanzo, di peripezie anche psichiche, shock culturali, viaggi attraverso culture e pratiche artistiche completamente differenti interpretate e tradotte con creatività.

La trama di queste narrazioni visive è intessuta – non a caso le tecniche che frequentemente sono utilizzate hanno natura tessile – di relazioni e slittamenti non solo di natura geografica, ma anche di natura temporale e in certi casi di natura psichiatrica.

Nell'insieme l'esposizione sembra improntata al recupero di un retaggio di miti, tecniche, tradizioni che raramente hanno trovato voce nell'ambito delle grandi celebrazioni dell'arte contemporanea e il racconto su dipana senza grandi turbamenti, trovate e innovazioni. Non si registrano rivoluzioni o sorprese formali ma opere che testimoniano esperienze di un Aldilà poco frequentato e a tratti forniscono nozioni degne di un trattato di antropologia culturale.

 Padiglione Centrale - Giardini della Biennale

Avvicinandosi al Padiglione Centrale uno spettacolare murale sulla facciata realizzato dal collettivo brasiliano MAHKU (Movimento dos Artistas Huni Kuin) ci strega e ci abbaglia con figure e cromatismi intensi che narrano l'avventuroso mito del passaggio dal continente asiatico a quello americano attraverso lo stretto di Bering a bordo di coccodrilli. Indubbiamente una delle opere più vitali ed impattanti della mostra.
Entrando ci viene ricordato che l'esilio è un duro lavoro con l'installazione a moduli geometrici Exile is a Hard Job, di Nil Yalter, che s'ispira al Costruttivismo russo.

Nella sala dedicata alle Astrazioni lo spazio è caratterizzato dalla leggiadria dall'installazione Bambus, di Ione Saldanha che con dedizione faceva seccare i suoi bambù per un anno prima di sabbiarli e poi dopo varie mani dipingerli in un'unica sessione.

Nei dipinti che circondano la sala prevalgono i colori caldi e le geometrie si nutrono anche di tratti sinuosi e ondeggianti come in Composition di Mohamed Melehi. Cromatismi vibranti per 1.1.91 di Eduardo Terrazas e anche per Untitled di Eetel Adnan. Segni più grafici per Pittura No 9 di Kazuya Sakai, per Oil No 7 di Fanny Sanin, per Untitled di Rafa al-Nasiri e per Untitled di Mohammad Ehsaei. Architettura poetica per Rythmical Composition with White Sphinx di Saloua Raouda Choucair. Dalle Filippine la visione si fa cosmica e astrale nelle forme circolari sovrapposte di Untitled (Abstract) di Nena Saguil mentre Untitled di Esther Mahlangu dai contorni netti, geometrici e metropolitani traspone su tela la tecnica ndebele sudafricana di interventi pittorici sugli edifici.

Proseguendo nel Padiglione, due opposte visioni da parte di artiste orientali operanti in Occidente, ironico minimalismo nella luminosa leggerezza di Coloured Cotton Candies and Imitation of Agnes Martin di Evelyn Taocheng Wang e la rigorosa assenza cromatica di Untitled, tela nera appoggiata al muro di Maria Taniguchi.
Le emergenze climatiche ed ecologiche del Pianeta figurano tra i motivi delle migrazioni e il Calendario ancestrale di Aycoobo (Wilson Rodriguez) rappresenta lo stato degli alberi della foresta amazzonica durante l'anno 2023 e i suoi legami con i popoli che vi abitano.

Ci si disloca nello spazio ma anche nel tempo Le fanciulle laboriose di Giulia Andreani rievoca attraverso la consultazione di archivi fotografici la creatività e la condizione femminile.
Mondi fiabeschi e inquietanti, forme e precipizi di ispirazione medianica dove si affacciano enigmatici i probabili autoritratti dell'artista e si dispiegano per metri in Crucifixion of the Soul di Madge Gill.

Dal disagio mentale al disagio sociale, il mondo queer e LGBTQ+ viene emarginato spesso a partire dalla famiglia ed è alla ricerca di modi e luoghi dove esprimersi liberamente e socializzare; in Metropolitan di Louis Fratino se ne rappresenta uno in contrapposizione ai più rassicuranti ma ambigui ambienti domestici.

Tra gli esclusi figurano anche gli indigeni di origine Maya, ai quali non era permesso indossare i loro abiti tradizionali a scuola in Mi segunda piel chichicastenago di Paula Nicho l'artista rivendica il potere spirituale e magico delle donne, della sua cultura portando sul corpo i motivi geometrici e simbolici che riflettono le loro memorie collettive. Tra i reclusi psichiatrici la passione per la pittura ha posseduto Aloïse una donna che ha vissuto quasi sempre da internata e che ha dipinto con vivace e quasi mistico espressionismo figure di donne tanto da essere segnalata dal suo dottore a Jean Dubuffet che ne divenne collezionista. Fra le opere esposte Gloria in Excelsis Deo - Chanteuse.

La pittura può anche essere un affare di famiglia come nel caso degli haitiani Obin che forniscono una rappresentazione della vita sociale e spirituale del loro Paese come in Reception Marriage Interieur di Sénèque Obin.

Sguardi persi, pause, incertezze, esitazioni, parole senza suoni, sospensioni le intense testimonianze non verbali delle vittime predilette del patriarcato, neri, trans, queer, indigeni ci raccontano le paure e le difficoltà non solo nel Sudafrica da dove provengono, ma dovunque esista il disprezzo e l'emarginazione. Con Personal Account Gabriella Goliath cattura e coinvolge.

 Arsenale

Gli Stranieri Ovunque dell'Arsenale ci proiettano subito magicamente nei riti maori legati alla nascita e al parto, viaggio dalle tenebre alla luce, benedetto dal cerimoniale che comprende una stuoia tessuta finemente a protezione dell'evento considerato divino. Le artiste maori Mataaho Collective per l'installazione Takapau hanno utilizzato materiali economici anche per sostenere i lavoratori interessati.
Rage is a Machine in Times of Senselessness di Frieda Toranzo Jaeger è un'altra monumentale installazione di un'artista che immagina un futuro all'insegna dell'ecologia, dell'arte al femminile e alla libertà queer, celebrando la forza del colore, del ricamo e non ultima dell'ironia.

Filipinas in Honk Kong di Pacita Abad parla di un'artista che ha viaggiato incessantemente e che conosce bene la difficile esperienza dell'immigrazione. Essa si esprime con cromatismi accesi recuperando tecniche tradizionali come il trapunto.
Villa Adela - dalla serie Warawar Wawa di River Claure documenta con grazia momenti di vita delle comunità boliviane.
Le ferite e le devastazioni della guerra che tormentano molti siti del mondo arabo sono al centro della cura che si ripromette Dana Awartani con Come, let me heal your wounds. Let me mend your broken bones.

Tinte vegetali, frammenti di alberi del luogo natio della libica Nour Jaouda fanno riecheggiare memorie antiche, i tessuti così composti creano nuovi arazzi nel ciclo del tempo come in Roots in the sky.
I grandi ritratti di personalità di origine africana che si sono impegnate nella lotta per i diritti si stagliano nitidi e intensi sugli sfondi monocromi di Dalton Paula come Nä Agotimé.

Poetica, commovente, perturbante, la drammatica narrazione degli esodi dei migranti ci viene restituita dalle testimonianze raccolte in stazioni e strade dall'artista Bouchra Khalili con The Mapping Journey Project. La viva voce dei protagonisti illustra, le peripezie, le tragedie, i percorsi tortuosi attraverso terre, deserti e mari affrontati durante questi terribili viaggi della speranza. Da questa scenografica installazione scaturisce e si contrappone Constellation Series, l'astratta rappresentazione delle rotte percorse come costellazioni celesti che uniscono i luoghi di passaggio.

Uno spazio è dedicato anche agli artisti italiani emigrati nel mondo con numerose opere tra le quali Sous la Chaussure di Domenico Gnoli e La Toile de Penelope di Gianni Bertini inquadrate dal sistema in vetro ideato dall'architetta Lina Bo Bardi anche lei emigrata in Brasile.

Le opere tessili come Arpillera delle Arpilleristas artiste cilene ignote, provengono da una donazione al Museo del Barrio di New York probabile frutto di vendite solidali per sostenere le speranze di un mondo migliore liberato dalle dittature sudamericane.

Sempre in ambito di composizioni e sulla docile fragilità delle trame tessili, Under the Sea – dell'artista non binaria Shalom Kufakwatenzì – esprime un desiderio di giustizia e di accettazione.

Riti di passaggio, iniziazioni, pratiche magiche e sciamaniche sono all'origine di Unknown Title (a night scene under the moon) di Sàngódáre Gbádégesin Àjàlá che le esegue utilizzando esclusivamente colaranti vegetali.

Sempre dall'Africa Susanne Wenger realizza batik derivati dalla cosmologia e dall'estetica yoruba ma interpretati, dipinti e ricuciti, anche ispirandosi agli archetipi junghiani come in Mythos Odùduwà Schöpsfungsgeschichhte.

I prototipi di virilità e machismo propalati dai film western che paradossalmente sfiorano l'omosessualità sono messi in discussione con ironia dall'installazione multimediale dell'artista messicana Ana Segovia che raccoglie, tra l'altro, il video Aunque Me Espine la Mano e il dipinto Vamonos con Pancho Villa!.

All'esterno dell'Arsenale nell'installazione Keeper of the crown si stagliano le bianche colonne hathoriche di Lauren Halsey adornate da capitelli scolpiti con le sembianze degli abitanti della sua Los Angeles, a sottolineare la relazione tra architettura e comunità.

 Partecipazioni Nazionali

Pad. ITALIA
Rappresenta l'Italia Massimo Bartolini con la grande installazione di natura sonora e performativa dal titolo Due qui / To Hear. Il ponteggio in tubi Innocenti trasformato in un organo musicale converge in una bolla che pulsa costantemente.

Pad. BELGIO
Il Belgio ha intitolato il suo Padiglione multimediale e multidisciplinare Petticot Government avvalendosi di un collettivo di artisti che propongono interventi che vanno dalla carta stampata all'architettura creando, anche attraverso gigantesche figure folkloristiche, una narrazione giocosa e irriverente.

Pad. SVIZZERA
La Svizzera si autocelebra ironicamente con l'artista svizzero-brasiliano Guerreiro do Divino Amor che con l'allestimento Super Superior Civilizations crea complesse allegorie barocche del mondo contemporaneo dominato dai media, dal potere e dalla finanza. I suoi video cosmici e a tratti comici manifestano ora uno spirito leggero e onirico ora una feroce satira politica.

Pad. REPUBBLICA DI COREA
La Repubblica di Corea con Odorama Cities di Koo Jeong A si affida non solo alle forme ma soprattutto all'immaterialità e alla percezione, come l'effluvio dii profumi che periodicamente si diffondono attraverso la scultura di bronzo e alle allusioni simboliche sull'infinito disseminate nello spazio espositivo.

Pad. USA
Gli Stati Uniti d'America si affidano a Jeffrey Wilson. The Space in which to place me che esprime attraverso un intenso vocabolario cromatico la contemporanea convivenza di linguaggi che spaziano dalle radici indigene, (Wilson è di discendenza Cherokee) queer, graffiti metropolitani, oggetti o texture ready made, souvenir, astrattismo. Tutto il Padiglione riflette con dirompente, assertivo e quasi provocatorio uso del colore, la visione coinvolgente ed inclusiva dell'artista.

Pad. ROMANIA
Si interroga sulla natura del lavoro la Romania con What Work is nel grande polittico composto da una serie di quadri di Serban Savu che illustrano momenti di vita lavorativa pervasi da una malinconica atmosfera di mancanza di prospettive e di senso.

Pad. BOLIVIA (Pad. RUSSIA)
Il Padiglione della Russia è stato affidato alla Bolivia con quadri e installazioni tessili che discendono dalla cosmologia Aymara. Looking to the futurepast, we are treading forward trova nella comprensione del passato anche post colonialista le radici per proiettarsi in un futuro più sostenibile e inclusivo.

Pad. UNGHERIA
Un'atmosfera dal cromatismo quasi lisergico immerge totalmente il Padiglione dell'Ungheria con Techno Zen, di Márton Nemes, che evoca le ipnotiche luci delle discoteche dai colori fluorescenti estendendo i confini della pittura a diversi media per ricordarci che l'umanità ha milioni di sfumature e sensibilità diverse.

 In città

Abbazia di San Giorgio Maggiore
Fra gli eventi collaterali della Biennale di Venezia, è di potente impatto emotivo la mostra di Berlinde De Bruyckere (Gand, 1964) intitolata City of Refuge III, dalla canzone di Nick Cave, che allude all'arte come luogo di rifugio e riparo.
La palladiana Basilica di San Giorgio Maggiore accoglie grandi sculture e un gruppo di arcangeli che fanno da specchio tra la tragica fragilità umana e l'aspirazione al divino. Ma oltre alla precarietà delle vicende umane le sue opere si fanno carico anche del crudele destino degli animali.

Procuratie Vecchie
La mostra In the First Person dedicata all'opera di Andrzej Wróblewski, omaggia uno dei più importanti pittori polacchi della seconda metà del XX secolo morto, prematuramente dopo una vita costellata di tragici eventi. La sua pittura è di derivazione realista, ma avendo acutamente introiettato le lezioni delle avanguardie, non smette di essere contemporanea e coinvolgente.



60. BIENNALE DI VENEZIA
Esposizione Internazionale d'Arte
Stranieri Ovunque - Foreigners Everywhere
Venezia, Giardini - Arsenale - Eventi collaterali, Varie sedi
 20 APR. - 24 NOV. 2024 
from tuesday to sunday: 10.00 - 18.00 | closed on mondays
www.labiennale.org





apr-nov. 2024, Venezia 
text: Gabriella Masiello 


0.
Adriano Pedrosa,Curatore della 60. Esposizione Internazionale d'Arte - Stranieri Ovunque - Foreigners Everywhere | Venezia 2024. photo by: [...]
MAHKU (Movimento dos Artistas Huni Kuin) / Kapewë pukeni (il ponte-alligatore) / 2024
I.

II.
Nil Yalter / Exile is a Hard Job (al centro, <em>Topak Ev.</em>) / 1983-2024 (1973)
Ione Saldanha / Bambus / 1960-1970
III.

IV.
Mohamed Melehi / Composition / 1968
Eetel Adnan / 1.1.91 / 1970-1972
V.

VI.
Eetel Adnan / Untitled / 1965
Kazuya Sakai / Pittura No 9 / 1969
VII.

VIII.
Fanny Sanin / Oil No 7 / 1969
Rafa al-Nasiri / Untitled / 1971
IX.

X.
Mohammad Ehsaei / Untitled / 1974
Saloua Raouda Choucair / Rythmical Composition with White Sphinx / 1951
XI.

XII.
Nena Saguil / Untitled (Abstract) / 1972
Esther Mahlangu / Untitled / 1990
XIII.

XIV.
Evelyn Taocheng Wang / Coloured Cotton Candies and Imitation of Agnes Martin / 2023
Maria Taniguchi / Untitled / 2023
XV.

XVI.
Aycoobo (Wilson Rodriguez) / Calendario ancestrale / 2023
Giulia Andreani / Le fanciulle laboriose / 2024
XVII.

XVIII.
Madge Gill / Crucifixion of the Soul / 1936
Louis Fratino / Metropolitan / 2019
XIX.

XX.
Paula Nicho / Mi segunda piel chichicastenago / 2023
Aloïse / Gloria in Excelsis Deo - Chanteuse</em> / 1960-1963
XXI.

XXII.
Sénèque Obin / Reception Marriage Interieur / 1966
Gabriella Goliath / Personal Account / 2024
XXIII.

XXIV.
Mataaho Collective / Takapau / 2022
Frieda Toranzo Jaeger / Rage is a Machine in Times of Senselessness / 2024
XXV.

XXVI.
Pacita Abad / Filipinas in Honk Kong / 1995
River Claure / Villa Adela - dalla serie Warawar Wawa (Son of the Stars) / 2019
XXVII.

XXVIII.
Dana Awartani / Come, let me heal your wounds. Let me mend your broken bones / 2024
Nour Jaouda / Roots in the sky / 2023
XXIX.

XXX.
>Dalton Paula / Nä Agotimé / 2024
Bouchra Khalili / The Mapping Journey Project / 2008-2011
XXXI.

XXXII.
Domenico Gnoli / Sous la Chaussure / 1967
Gianni Bertini / La Toile de Penelope / 1959
XXXIII.

XXXIV.
Lina Bo Bardi (rev. by studio Metro Arquitetos) / Cavaletes de vidro / 1968 (2024)
Arpilleristas (artiste cilene ignote) / Arpillera / 1980s
XXXV.

XXXVI.
Shalom Kufakwatenzì / Under the Sea / 2023
Sàngódáre Gbádégesin Àjàlá / Unknown Title (a night scene under the moon)/ n.d.
XXXVII.

XXXVIII.
Susanne Wenger / Mythos Odùduwà Schöpsfungsgeschichhte / 1963
Ana Segovia / Aunque Me Espine la Mano  / 2018
XXXIX.

XL.
Lauren Halsey / Keeper of the crown  / 2024
Massimo Bartolini / Due qui / To Hearn - Bodhisattva pensieroso su La bemolle / 2024
XLI.

XLII.
Denicolai & Provoost, Antoinette Jattiot , Nord, Spec uloos / Petticot Government / 2024
Guerreiro do Divino Amor / Super Superior Civilizations / 2024
XLIII.

XLIV.
Koo Jeong A / Odorama Cities / 2024
Jeffrey Wilson / The Space in which to place me / 2024
XLV.

XLVI.
Serban Savu / What Work is / 2024
Alexandra Bravo Cladera / Uprooting (Looking to the futurepast, we are treading forward) / 2024
XLVII.

XLVIII.
Márton Nemes / Techno Zen / 2024
Berlinde De Bruyckere / City of Refuge III / 2024
XLIX.

L.
Andrzej Wróblewski / Chauffeur, (Blue Chauffeur) / 1948

 

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