COS. DÉJÀ VU. NUOVI INCALMI PER UN VENINI CONTEMPORANEO


Mi piace progettare oggetti in vetro.
E stare a Murano (quell’isola vicino Venezia) a guardare cinque uomini (padri di molti bambini)
soffiare il vetro aiutandosi a vicenda in un silenzioso e metafisico balletto.
Tutti avevano scarpe da tennis.
Ettore Sottsass


Esistono dei landmark simbolici.
Che sono il simbolo di una eredità del fare, di una civiltà artefattuale evoluta nel corso di decine, centinaia di anni.
E materiali, come il vetro, che di questa storia fanno parte in maniera esplicita e sono diventati archetipi nella nostra esperienza estetica.
È un patrimonio di forme, trasparente, tattilità che il melting pot materico non è riuscito a scalfire.
Non so perché… forse solamente nomen omen, il vetro è rimasto in questo vorticoso popolamento degli occhi e dei sensi, un po’ in disparte.
Puro, nobile, incorruttibile, immutabile.
E anche le forme che lo definiscono sono rimaste così.
Pervase da questa classicità che il consumo non ha trasformato.
E che ci riporta gli echi di un passato-che-è-anche-presente.

Déjà vu. Forse. O semplicemente immagine che si confonde tra i ricordi della nostra esperienza fino a diventare indistinguibile.
Forse anche perché nella tradizione della materia e del design italiano esiste un luogo-azienda-sensibilità che ha interpretato, innovato, caratterizzato la ricerca possibile da fare con questo materiale: Venini.

Quello che fa qui Cos è una sorta di invenzione: un nuovo-venini, contemporaneo, popolare ma coltissimo, che innova la tradizione-tecnica del vetro accoppiandola a una sensibilità così contemporanea eppure così classica. Cos inventa l’incalmo contemporaneo. Venini definisce l’incalmo come «… una tecnica complessa (ch)e consiste nell’accoppiare a caldo due forme soffiate, lungo la loro circonferenza, così da ottenere in uno stesso oggetto zone differenziate e solitamente di colore diverso…».
Aleggiano Wirkkala. Forse Sottsass.
Artigiano e molatore invece che soffiatore. Che lavora per componenti scelte e recuperate da una panoplia infinita e commerciale.
Cos taglia, misura, accoppia, salda pezzi, componenti, sezioni.
Il suo progetto libera di nuovo il potenziale combinatorio delle forme, trascurate, che spesso getteremmo. E le riporta a nuova vita.
Sono nuove sagome immaginifiche. Alcune ermetiche. Senza più la funzione stessa del contenitore.
E’ cut-up. Burroughsianamente multiforme. Compositivamente vibrante.

Cos pensa che queste siano «… storie di bottiglie ormai consumate, che hanno tolto l’etichetta e cancellato marketing e brand. Contenitori sezionati: il vino si mescola con il latte al cioccolato, l’aranciata con l’acqua, lo sciroppo con l’olio. Così si mescolano i nostri ricordi… come fantasmi trasparenti dei prodotti consumati che cambiano vita, scollegati dal loro compito originale…».

E’ vero. Non disegna nulla. Costruisce nuove forme a partire dal patrimonio infinito delle possibilità.
Nessun cristallo raffinato. Ma piuttosto supermercato, discarica.
Un vero less is more non formalista, quotidiano.

Un tentativo di pause nel gigantesco play del prodotto di massa.
Antonio docet.

Stefano Mattei




Déjà-Vu
ricerca di Antonio Cos
mostra a cura di Stefano Maffei

10 - 22 maggio 2011 | SUBALTERNO1
Via Conte Rosso, 22 | 20134 - Milano | www.subalterno1.com

25 maggio - 30 luglio 2011 | RUA CONFETTORA 17
Rua Confettora, 17 | 25122 - Brescia | www.ruaconfettora.com
testo: 
Stefano Maffei 

I.
II.
III.
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VII.
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IX.
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XII.
XIII.

XIV.
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XVI.
XVII.

XVIII.

ha collaborato:
Umberto Rovelli
 




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